dal 29 marzo al 12 giugno 2022
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea
info: pacmilano.it
Prima mostra personale in Italia di Artur Żmijewski, una delle figure radicali più importanti sulla scena artistica polacca.
La mostra, a cura di Diego Sileo, presenta una selezione di lavori storici e recenti, incluse tre nuove opere pensate appositamente per questo progetto milanese e prodotte dal PAC, come il nuovo film ispirato al cinema scientifico del neurologo Vincenzo Neri e la serie fotografica Refugees/Cardboards, un lungo murale fotografico in bianco e nero dal quale emergono figure umane che hanno l’aspetto di profughi, uomini e donne circondati dall’oscurità e dalla desolazione. Il riferimento è ai tanti rifugiati al confine polacco-bielorusso durante l’estate e l’autunno del 2021, ma che oggi inevitabilmente sono l’immagine anche delle attuali oppressioni belliche in Ucraina.
La sua opera riflette la preoccupazione per i problemi socio-politici della nostra contemporaneità e attraverso di essa l’artista esamina frequentemente i meccanismi del potere e dell’oppressione all’interno dell’ordine sociale esistente – così come i conflitti di vario tipo che rasentano la violenza – mentre espone l’istintiva inclinazione umana al male. I suoi lavori indagano la relazione tra le emozioni estreme e le loro espressioni fisiche, si occupano dell’interruzione del corpo umano e del funzionamento cognitivo in casi complessi come la malattia o la disabilità, analizzando anche i meccanismi della memoria e del trauma collettivo.
Usando la simbolizzazione, Zmijewski stabilisce un intricato sistema di rappresentazione in cui la paura si dispiega in termini di controllo sociale. Quando la paura diventa padrona della nostra vita, si può essere tentati da meccanismi travolgenti o si può accettare masochisticamente il giogo della sottomissione; oppure si possono interpretare i due ruoli contemporaneamente. O semplicemente si può provare a capire quando la paura divora la nostra anima. Come ci spiega Rainer Werner Fassbinder nel suo film del 1974 – cui il titolo della mostra vuole rendere omaggio – “la paura mangia l’anima” è un’espressione usata da arabi e nordafricani per descrivere la loro condizione di immigrati. Una vita piena di paura, una paura esistenziale di tutto e di tutti. Paura di un ambiente straniero e ostile, paura di non poter rivedere i propri cari, paura della solitudine, paura della morte, paura della povertà, paura di essere dimenticati, paura che nessuno ti amerà, paura di un razzismo di Stato. Nel progetto espositivo del PAC, la paura è anche quella della malattia, dei disturbi mentali e della disabilità, quella paura di non essere accettati, capiti, la paura del diverso da noi, la paura di ciò che non sappiamo e che ci spaventa.
Żmijewski ha esposto in mostre personali e collettive presso musei e istituzioni di tutto il mondo, tra cui documenta 12 e 14, Biennale di Venezia, MoMA di New York, Tel Aviv Museum of Art e Neuer Berliner Kunstverein. Nel 2012 ha curato la settima edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino.
Foto © Artur Żmijewski, Gestures, 2019.
Courtesy Foksal Gallery Foundation, Warsaw and Galerie Peter Kilchmann, Zürich.